Cassazione penale, sezione III, 4 giugno 1999 n. 7058                    Home Page - Studio Ing. Renato Salvalaggio

Omessa valutazione del rischio da rumore

 Igiene del lavoro - Rumori dannosi - Omessa valutazione del rischio - Reato permanente

  In materia di esposizione dei lavoratori a rumori dannosi, la omessa valutazione del rischio da rumore configura il reato contravvenzionale di cui agli articoli 40 e 50 del D.Lgs. 15 agosto 1991 , n. 277. Tale contravvenzione configura un reato permanente: la permanenza cessa con l’adempimento dell’obbligo di legge da parte del datore di lavoro, ovvero con la sentenza di primo grado. Difatti il termine entro il quale andava effettuata la prima valutazione del rischio e redatto il relativo rapporto è ordinatorio ed il datore di lavoro può sempre, anche successivamente, far cessare la situazione antigiuridica, che si concreta pure nel non tenere a disposizione dell’organo di vigilanza tale rapporto di valutazione del rischio lavorativo derivante da esposizione a rumore.

 

Nota

Le presente sentenza riguarda una questione già sottoposta in passato più volte al vaglio della Suprema Corte. L’imputato infatti veniva condannato in primo grado con decreto penale in ordine al reato di cui all’art. 40 del D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 per aver omesso, quale titolare di un’azienda del settore della lavorazione del legno, la valutazione del rischio da rumore secondo le citate prescrizioni normative.

L’imputato ricorreva per Cassazione, lamentando tra l’altro il fatto che l’attività di segheria di imballaggi da lui esercitata non imponeva la valutazione del rumore: il ricorso veniva respinto, anche su questo punto, rilevando che l’assunto trova puntuale smentita proprio negli atti del processo: <<difatti la società “Sicil Legno” effettuava lavorazioni certamente comprese tra quelle disciplinate dal D.Lgs. n. 277/1991, tant’è che gli organi di vigilanza non solo accertarono la sussistenza di un concreto pericolo di danni auditivi per i lavoratori dipendenti, ma, proprio per questo, invitarono espressamente l’imputato a redigere il rapporto ex art. 40, comma 6, del citato decreto, senza ottenere alcun risultato>>.

Preliminarmente però il giudice di legittimità, al fine di controllare l’eventuale prescrizione del reato ascritto, ribadisce la natura permanente della contravvenzione in questione, <<già reiteratamente affermata da questa Suprema Corte>>.

Possono al riguardo essere citate le seguenti pronunce:

 << la contravvenzione ... di cui all'art. 50, D.Lgs. 277/1991 relativa all'obbligo di predisporre la valutazione del rumore ... è ... di natura permanente>> [Cassazione penale, sez. III, 27 gennaio 1999 n°. 1149, Mercati ].

 << in tema di esposizione dei lavoratori a rumori dannosi, la omessa valutazione del rischio da rumore configura il reato di cui agli art. 40 e 50, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277: questo ha natura permanente e la permanenza cessa con l'adempimento dell'obbligo di legge da parte del datore di lavoro, ovvero con la sentenza di primo grado>> [Cassazione penale, sez. III, 18 febbraio 1998, n. 4133, Bo, Ced Cassazione 1998];

 <<l'art. 40, comma 5, D.Lgs 15 agosto 1991, n. 277 nel punire il datore di lavoro che non effettui una nuova valutazione del rumore ogni qualvolta vi è un mutamento nelle lavorazioni che influisca in modo sostanziale sul rumore prodotto ed ogni qualvolta l'organo di vigilanza lo dispone con provvedimento motivato - contempla un reato permanente destinato a consumarsi anche oltre centottanta giorni dalla data di inizio delle attività lavorative rumorose, potendo la valutazione essere eseguita anche successivamente>> [Cassazione penale, sez. III, 17 settembre 1997, n° 8373, Sacco];

 <<gli artt. 40, 41, 42, 45 e 49, D.Lgs. 5 agosto 1991, n. 277 - nel prevedere a carico del datore di lavoro diversi obblighi di prevenzione contro l'esposizione a rumore nei luoghi di lavoro - contempla ipotesi di reato di natura permanente, destinate a consumarsi sino al protrarsi dei comportamenti omissivi, ovvero, in mancanza della condotta imposta, fino alla sentenza di primo grado>> [Cassazione penale, sez. III, 29 aprile 1997, n° 3978];

 <<nel caso di reato omissivo, quando è fissato un termine per il compimento dell'azione, la cui omissione integra gli estremi del reato, questo ha natura permanente e si esaurisce con la scadenza del termine, solo se, dopo tale scadenza, l'azione non può più essere utilmente compiuta ovvero il perdurare dell'omissione è punito a diverso titolo.

Fuori di tale ipotesi il reato ha natura permanente, poiché, se l'azione può essere efficacemente compiuta, seppur tardivamente, anche dopo la scadenza del termine, questo indica il momento dal quale inizia il comportamento antigiuridico omissivo e non già quello nel quale esso si esaurisce. Nel caso in esame la valutazione del rumore poteva essere utilmente effettuata anche dopo la scadenza del termine di cui all'art. 11, comma 6 del D.Lgs. n. 277/1991 (Nella specie, reato di omessa valutazione del rischio da rumore previsto dall'art. 40, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 ) [Cassazione penale, sez. III, 5 novembre 1996, Stanchina].

 <<nel punire l'omessa valutazione del rischio da rumore, gli art. 40 e 50, D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277 contemplano un reato permanente, che si consuma fino a quando il datore di lavoro non provveda ad effettuare tale valutazione>> [Cassazione penale, sez. III, 17 novembre 1995, n. 349, in Lavoro nella giur. (Il) 1996, 351].

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